In linea generale, la legittimazione dei Consiglieri Comunali o Provinciali dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie inter-soggettive, per cui esso rimane circoscritto alle ipotesi di lesione della loro sfera giuridica. La delibera consiliare di approvazione del bilancio di previsione, atto generale dell’amministrazione comunale, non è provvedimento incidente in via diretta sul diritto all’ufficio del consigliere comunale e quindi su un diritto spettante alla persona fisica investita della carica di consigliere.
La delibera di approvazione del bilancio è un atto a contenuto generale, obbligatorio ai sensi degli articoli 162 ss. del D.lgs n. 267/2000, costituente il presupposto ineludibile della gestione delle entrate e delle spese dell’ente locale. Proprio tale natura di atto fondamentale e generale della gestione finanziaria e contabile dell’ente esclude fisiologicamente che esso possa prefigurare anche solo in astratto un’idoneità dello stesso a pregiudicare o incidere direttamente – o anche indirettamente – lo jus ad officia dei consiglieri che lo approvano o disapprovano (per ragioni di legittimità, di opportunità o anche solo politiche) (cfr. Consiglio di Stato, sez V, sentenza n 7122 del 15/12/2005). A tal proposito si segnala una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione di Lecce del 21/12/2015 n. 3649che si occupa di una particolare questione inerente il diritto dei consiglieri comunali di impugnare delle deliberazioni di consiglio comunale, nello specifico quella del bilancio di previsione e del conto consuntivo per lesione dei diritti di “iniziativa” sulle questioni dell’ente, pur essendoci giurisprudenza amministrativa che restringe le ipotesi in cui il consigliere comunale sia munito di legittimazione al ricorso. Di fatto i consiglieri assumevano che il documento contabile fosse stato licenziato favorevolmente dall’assemblea nonostante l’impossibilità di prendere visione del parere del Collegio dei Revisori, prima della seduta deputata alla disamina e approvazione del documento contabile del Comune. Questa dinamica avrebbe comportato una lesione delle prerogative dei consiglieri interessati i quali non sarebbero stati posti nella condizione di esercitare adeguatamente i loro compiti di controllo sull’attività degli organi di governo dell’ente locale.
Ebbene il Collegio giudicante ha ritenuto fondato il ricorso dei consiglieri ed ha annullato le deliberazioni di consiglio comunale impugnate, considerando che il bilancio di previsione finanziario (riferito ad un orizzonte temporale almeno triennale) debba essere deliberato ineludibilmente entro il 31 dicembre di ogni anno, come prevede l’art. 151 del d.lgs 267/2000 e che il differimento dei termini possa essere disposto con decreto del Ministro dell’Interno, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle finanze e sentita la Conferenza Stato- città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze. Il Collegio giudicante, facendo riferimento all’art. 174 del T.U.E.L., ha ritenuto che i termini in questione siano funzionali all’esercizio incomprimibile delle prerogative dei consiglieri comunali le quali debbono potersi esplicare, tuttavia, in un arco di tempo limitato, in quanto strettamente connesso ad un termine finale di approvazione ineludibile, ma ragionevole ed, ha proseguito, affermando che i consiglieri comunali hanno “diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del Consiglio” (cfr. art. 43 d.lgs 267/2000); essi hanno diritto di ottenere dagli uffici “..tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato.”
La sentenza in questione merita particolare rilievo in quanto ha affermato, salvo riforma da parte del Consiglio di Stato, come i consiglieri comunali debbano disporre effettivamente di tutta la documentazione finanziaria (almeno cinque giorni prima della seduta di consiglio comunale) da esaminare in tempo utile per la predisposizione degli emendamenti, ossia per la individuazione di criticità nelle scelte di programmazione dell’ente, e dei possibili correttivi da apportarvi, anche se la giurisprudenza amministrativa ha ristretto le ipotesi in cui il consigliere comunale sia munito di legittimazione al ricorso. Anche per il conto consuntivo il Collegio ha affermato e visto una violazione dell’art. 227 del T.U.E.L in forza del quale “il rendiconto della gestione è deliberato entro il 30 aprile dell’anno successivo dall’organo consiliare, tenuto motivatamente conto della relazione dell’organo di revisione” e ritenuto che i consiglieri comunali debbano acquisire tempestiva disponibilità del rendiconto di gestione e degli allegati prima della seduta di consiglio convocata per l’approvazione perché devono essere messi in condizione di compiere una puntuale disamina particolarmente della relazione dell’organo di revisione che accompagna il rendiconto di gestione onde sviluppare una dialettica consiliare costruttiva e consapevole in merito ai risultati della gestione, trattandosi di momento nevralgico di verifica dello stato di attuazione del mandato politico amministrativo del quale il sindaco e le forze di maggioranza sono stati investiti con la fiducia dei cittadini.
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Avvocato Maria Grazia Fumarola