«Integrano il reato previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990) le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante». Questo è quanto statuito dalla Cassazione a Sezioni Unite con sentenza del 30 maggio 2019.
Secondo la Suprema Corte, infatti, la legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina.
COSA STABILISCE LA LEGGE
Come noto, la LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242 recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa ha reso di fatto possibile la coltivazione della cannabis light (THC inferiore a 0,2% con tolleranza fino a 0,6%), ma nulla ha disposto riguardo il profilo della commercializzazione pur indicando le finalità per le quali la coltivazione è consentita.
Secondo il supremo consesso della Cassazione rimarrebbero esclusi dal campo di applicazione della citata legge (e pertanto dalla vendita) alcuni derivati dalla coltivazione della cannabis sativa quali: foglie, inflorescenze, olio, resina, in quanto la stessa “qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio, del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.
Sulla base della pronuncia della Suprema Corte si può dunque ritenere che, le condotte di cessione, di vendita e in genere di commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa (salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante) integrino il reato di cui all’art. 73 co. 1 e 4 DPR 309/1990.
COSA CAMBIA
In attesa di maggiori chiarimenti in merito, che arriveranno con la motivazione della Cassazione, resta preclusa la commercializzazione dei derivati della coltivazione della cannabis. Conseguentemente chi vende tali prodotti commette un reato, salvo che gli stessi siano in concreto privi di ogni efficacia drogante.