Nel processo amministrativo è inamissibile il ricorso notificato mediante posta elettronica certificata ai sensi della Legge 53/1994 in assenza di un’apposita autorizzazione presidenziale.
Tanto viene affermato in una recente sentenza del Consiglio di Stato, sez II, del 20/01/2016 n. 189, che segna un evidente contrordine rispetto alle ultime pronunce in merito, affermando che è esclusa la possibilità di notificare il ricorso mediante pec, in base al disposto di cui all’art. 16-quater, comma 3-bis, del D.L. n. 179/12 come convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
La sentenza richiamata è interessante in quanto i Giudici di Palazzo Spada, contraddicendo quanto sostenuto dalla sezione III dello stesso Consiglio di Stato, asseriscono che la notifica è invalida ed è inesistente se effettuata mediante posta elettronica certificata.
Tale notifica, a dire dei Giudici, non darebbe neppure luogo ad una nullità dell’atto sanabile mediante la costituzione in giudizio delle eventuali parti resistenti (in quanto trattasi di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l’idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge; tipicità, questa, che non consente nemmeno di poter ravvisare nella fattispecie un’ipotesi di errore scusabile).
Nella senteza si legge che tenuto conto della mancanza di un apposito Regolamento, che, analogamente al D.M. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo e che non può che individuarsi nel D.P.C.M. previsto dall’art. 13 dell’All. 2 al c.p.a. (v. anche l’art. 38, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114), allo stato non ancora intervenuto ed al quale il legislatore ha implicitamente ma chiaramente riguardo laddove, nell’escludere l’applicazione al processo amministrativo del comma 3 dell’art. 16-quater cit., da un lato afferma l’applicabilità al processo amministrativo dello strumento della notifica telematica (del resto prevista dagli articoli 1 e 3-bis della legge n. 53 del 1994), dall’altro non disconosce certo la necessità di regole tecniche anche per il processo amministrativo, che, sulla scorta dell’assenza di potere regolamentare del Ministro della Giustizia con riferimento al processo amministrativo (donde la previsione del comma 3-bis cit. di inapplicabilità alla giustizia amministrativa del comma 2, che tale potere conferisce), non possono essere che quelle di cui all’emanando, citato, D.P.C.M. (di cui il ricordato art. 38 del successivo D.L. n. 90/2014 ribadisce appunto l’esigenza, fissandone per la prima volta i termini per l’emanazione), solo all’esito del quale l’intero processo amministrativo digitale avrà una completa regolamentazione e la notifica del ricorso a mezzo PEC potrà avere effettiva operatività ed abbandonare l’inequivocabile ed ineludibile carattere di specialità oggi affermato dall’art. 52, comma 2, c.p.a., che prevede per il suo utilizzo, facendo all’uopo espresso riferimento all’art. 151 c.p.c., una specifica autorizzazione presidenziale, del tutto mancante nel caso all’esame.
Si arriva, in sostanza, ad affermare come il Giudice amministrativo non può certamente sostituirsi al legislatore statuendo l’ordinaria applicabilità di una forma di notifica allo stato ancora non tipizzata.
Avv. Maria Grazia Fumarola