La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 15 dicembre 2015 n. 25260, in un caso riguardante il servizio di reperibilità di una società privata che si occupa di trasporto pubblico, svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, ha stabilito che le mancate pause vanno risarcite ai lavoratori come lavoro straordinario. La Corte di Cassazione in più occasioni ha precisato che la mancata concessione del diritto ad un giorno di riposo compensativo è idonea ad integrare un’ipotesi di danno non patrimoniale, per usura psicofisica, da fatto illecito o da inadempimento contrattuale (cfr. Cass. Sez Lav. Sent. 14288 del 28/06/2011 e Cass. Sez Lav. Sent. 11727 del 15/05/2013) e che questa è risarcibile solo in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesso leso, su cui grava l’onere della prova e specifica deduzione.
Del resto con specifico riferimento al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, peraltro, la Corte di Cassazione, in più occasioni, ha ritenuto (cfr. Sez. L, Sentenza n. 16398 del 20/08/2004) di distinguere il danno da “usura psico-fisica”, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una “infermità'” del lavoratore determinata dall’attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali e che nella prima ipotesi, a differenza che nella seconda ipotesi, il danno sull'”an” deve ritenersi presunto (cosi’ anche Sez. L, Sentenza n. 2455 del 04/03/2000). La soluzione si spiega in considerazione della circostanza che nella fattispecie l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’articolo 36 Cost. (oltre che un riconoscimento a livello internazionale nell’articolo 31 par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), sicché la lesione dell’interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno non patrimoniale (a differenza di quanto avviene in altre diverse fattispecie – per le quali siffatta copertura non sussiste -, come in relazione al danno derivante dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella guida per una durata di almeno 15 minuti tra una corsa e quella successiva e, complessivamente, di almeno un’ora per turno giornaliero – previste del Regolamento n. 3820/85/CEE, nonché dall’articolo 14 del Regolamento O.I.L. n. 67 del 1939 e dall’articolo 6, primo comma, lettera a) della legge 14 febbraio del 1958, n. 138 ).
Ad ogni buon conto, ritornando all’ordinanza della Corte di Cassazione di alcuni giorni fa, i Giudici hanno qualificato il danno da mancato riposo come danno da usura psico-fisica e qualificato il lavoro come straordinario con congrua ed adeguata motivazione. Tanto poiché il mancato risposo non è automaticamente assimilabile allo svolgimento del lavoro straordinario, ciò nonostante, in assenza di una disposizione normativa che possa indicare come vada quantificato il danno da mancato riposo, il giudice può benissimo determinarlo in via equitativa, con una adeguata motivazione, attraverso l’applicazione di istituti e parametri che accerta di volta in volta a seconda dei casi.
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Avvocato Maria Grazia Fumarola