Le separazioni e i divorzi, in costante aumento, hanno tolto a molti genitori il piacere di condividere un momento fondamentale della vita di un bambino, quello della buonanotte.
Quanti padri al giorno d’oggi hanno la possibilità di vedere i propri figli abbandonarsi nelle braccia di Morfeo?
Oggi analizzeremo cosa prevede la legge riguardo al pernottamento dei figli minori presso il padre, in particolare, di quelli molto piccoli.
Il principio sancito dal nostro codice civile, da porre alla base di qualsiasi provvedimento riguardante i figli, è enucleato nell’art. 337 ter c.c. che prevede il diritto del figlio minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori.
Per realizzare tale finalità, ogni provvedimento del giudice è adottato nel superiore interesse morale e materiale del minore.
Per tale ragione il giudice “valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura ed il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori”.
Tali principi sono anche confermati a livello internazionale dalla Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 che impone agli Stati di rispettare il diritto del fanciullo “di mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò sia contrario all’interesse superiore del fanciullo”.
Nessuna indicazione ci viene data dalla norma sull’età minima che deve avere il minore per poter trascorrere la notte con il padre.
Dobbiamo, quindi, fare riferimento alla giurisprudenza, sia di merito, sia di legittimità, che, recentemente, ha registrato aperture significative su tale fronte.
Pochi anni fa il Tribunale di Roma, con sentenza del 14.06.2011, ha dettato alcuni accorgimenti da seguire qualora, in materia di separazione, vi fossero stati contrasti tra i genitori sul pernottamento dei minori in tenera età, tra questi:
- con gradualità, prevedere dei pernottamenti presso la casa paterna a partire dai tre anni di vita;
- intensificare la frequentazione paterna dopo il compimento dei tre anni e sei mesi, al fine di consolidare il legame col padre;
- superata tale età, procedere con un aumento ulteriore delle visite, al fine di garantire la “bigenitorialità effettiva”.
Sul punto è poi intervenuta la Cassazione con sentenza n. 19594/11, riducendo il pernottamento ad una sola notte a settimana, fino al compimento dei quattro anni di età del minore.
Lo scopo di tali pronunce è quello di permettere al padre, a differenza della madre, di acquisire la capacità di accudire un figlio molto piccolo in modo del tutto graduale.
Cambio di rotta della giurisprudenza
Con il passare del tempo è mutato, però, il presupposto del ragionamento dei giudici di cui sopra: il padre, al pari della madre, è in grado di prendersi cura del figlio.
A partire da questo assunto, il Tribunale di Milano con decreto del 14.01.2015 , ha affermato che la bigenitorialità si apprende soltanto facendo i genitori e, per tale motivo, ha disposto l’affidamento di una bambina di due anni ad entrambi con la permanenza della stessa presso il padre almeno un giorno infrasettimanale ed il pernottamento a weekend alterni, oltre alla alternanza prevista nei periodi festivi.
Anche la Corte d’appello di Catania, adeguandosi a tale pronuncia, nel corso di una separazione di una coppia con figli minori, tra cui una bambina di due anni, ha disposto che:
- la madre deve dimostrare che trascorrere una notte presso l’abitazione paterna possa pregiudicare il minore, non limitandosi, quindi, a ribadire l’inadeguatezza del genitore e la sua incapacità di prendersi cura di un bambino molto piccolo;
- i giudici hanno anche sottolineato che escludere il pernottamento significa considerare la relazione padre- figlio qualcosa di diverso da una relazione familiare, la quale si contraddistingue per la condivisione di momenti semplici, quali, appunto, quello del gioco o della lettura delle fiabe prima di andare a dormire.
Recentemente il Tribunale di Roma, con una storica sentenza pronunciata in data 11.03.2016 (Presidente dott. Mangano, Giudice Relatore dott. Rossetti) ha riconosciuto ad un padre la possibilità di far pernottare presso di lui il figlio di soli 16 mesi.
Viene meno quindi l’assoluto preconcetto secondo cui le madri sarebbero le uniche a saper accudire un bambino molto piccolo.
Nonostante le recenti evoluzioni giurisprudenziali, bisogna però considerare una necessità impellente del minore: quella dell’allattamento.
È possibile, quindi, che i giudici possano considerare tale bisogno primario come momento fondamentale della vita del bambino, in base al quale stabilire quando lo stesso potrà pernottare presso il padre.
a cura di
Avv. Simona Vettori