Ai sensi dell’art. 30 comma 3 del D.lgs. 50/2016, “Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.”
Il successivo comma 4 prevede che “Al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.
Normalmente, le stazioni appaltanti, al fine di verificare il rispetto, da parte dell’Impresa, dei minimi retributivi previsti dai CCNL, fanno riferimento alle tabelle allegate al Decreto con il quale il Ministero del Lavoro determina il costo medio orario del personale dipendente del settore merceologico di riferimento. Tuttavia, può accadere che il CCNL sia stato rinnovato, ma che sul sito del Ministero del Lavoro non sia stato ancora pubblicato il Decreto che determina il nuovo costo medio orario: ci possono essere stati, infatti, dei rinnovi contrattuali (quindi nuovi CCNL), e, di conseguenza, possono essersi verificati dei cambiamenti nel costo medio orario, che sono reperibili su Internet (mediante ricerca per parola chiave), ma che non si trovano, al tempo stesso, sul sito del Ministero del Lavoro (sul quale, invece, gli ultimi trattamenti minimi retributivi pubblicati risalgono a CCNL precedenti). Tale situazione si verifica in quanto le tabelle ministeriali vengono di solito elaborate sulla base di una precisa richiesta delle stesse associazioni sindacali firmatarie del nuovo CCNL: in mancanza di tale richiesta, sul sito del Ministero continuano a visualizzarsi solo le tabelle collegate al vecchio CCNL.
In tali casi, pertanto, diventa necessario stabilire se, ai fini dell’art. 30 comma 4 del D.lgs. 50/2016, debbano essere considerati soltanto i trattamenti minimi retributivi indicati dai decreti ministeriali, oppure siano rilevanti anche gli incrementi previsti dai successivi rinnovi contrattuali, nonostante questi ultimi non siano stati formalmente recepiti dal decreto stesso.
In base ad una prima interpretazione, bisogna considerare che il CCNL è formalmente un contratto ma ha sostanzialmente un valore normativo: esso, infatti, insieme alla legge ed al contratto individuale, è una delle fonti normative del diritto del lavoro, tant’è che può anche introdurre deroghe alla legge in senso migliorativo per i lavoratori.
Invece, il Decreto con cui il Ministero del Lavoro determina il costo medio orario è comunemente soltanto una presa d’atto della disciplina contenuta nei Contratti Collettivi Nazionali (e relativi rinnovi), come si evince dalla ordinaria struttura stessa del Decreto, il quale di solito non fa che richiamare nelle premesse gli accordi contenuti nei Contratti medesimi.
Quindi, è opportuno prendere in esame il minimo retributivo stabilito nell’ultimo accordo di rinnovo del CCNL, (quello, per intenderci, segnalato ed applicato dall’Impresa), a prescindere dal mancato recepimento in un decreto ministeriale.
Continuare a fare riferimento ai minimi retributivi vecchi (quelli pubblicati sul sito Ministero Lavoro) significherebbe basare la propria valutazione su un CCNL che è stato invece modificato, con ogni effetto giuridico, dai successivi accordi di rinnovo, e quindi incorrere inesorabilmente in una errata applicazione della normativa che disciplina la materia, in totale dispregio di quella che è l’autentica natura giuridica dei CCNL, la cui efficacia non è certo subordinata all’adozione del provvedimento governativo di recepimento.
In tali casi, quindi, la stazione appaltante non potrà che prendere atto di come i minimi ministeriali siano mutati, e quindi non potrà certo sostenere che il costo del lavoro indicato dall’Impresa è difforme da tali minimi (in tal caso, infatti, la stazione appaltante, in sede di avvio procedure, ha sbagliato a non prendere in considerazione i nuovi minimi derivanti dalle modifiche apportate al CCNL).
Pertanto, alla stregua di tale interpretazione, la stazione appaltante dovrà tenere conto che in realtà i minimi retributivi non sono più quelli precedenti, ma sono cambiati a seguito, appunto, delle modifiche al CCNL.
In base ad una seconda interpretazione, tuttavia, si potrebbe sostenere che la pubblicazione sul sito del Ministero del Lavoro ha lo stesso valore della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e che quindi, nel caso in cui le parti firmatarie del nuovo CCNL non abbiano richiesto la pubblicazione delle nuove tariffe, debba necessariamente continuare a farsi riferimento alle tabelle precedenti.
E’ evidente che, in mancanza di un indirizzo interpretativo univoco al riguardo (e, magari prima ancora, di una norma chiarificatrice in tal senso), si assisterà a situazioni nelle quali alcune stazioni appaltanti riterranno di dover applicare il nuovo CCNL anche ove questo non sia stato ancora pubblicato sul sito ministeriale, mentre altre sosterranno che, proprio a causa della mancata pubblicazione, debba necessariamente continuare a farsi riferimento alle tabelle precedenti.