“Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione“. Recita così l’art 143 del codice civile, nel dettare i diritti e i doveri reciproci dei coniugi derivanti dal matrimonio, fissando una disciplina normativa idonea a produrre effetti rilevanti in svariati ambiti della sfera matrimoniale. Uno su tutti, forse il meno atteso: le donazioni tra i coniugi.
Come noto, infatti, la donazione è l’atto attraverso il quale una parte, per spirito di liberalità, arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. L’atto donativo, tuttavia, non cristallizza i propri effetti perennemente, potendo piuttosto essere revocato dal donante, come sancito dall’art. 800 del codice civile, per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
Ebbene, secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n.22013/2016), integra a tutti gli effetti gli estremi della “ingiuria grave verso il donante”, presupposto per la revoca della donazione per ingratitudine, il comportamento della moglie che, a seguito di un grave incidente con gli sci del marito, anziché assisterlo intraprende una relazione clandestina extraconiugale.
Sostiene infatti la Corte di legittimità che l’ingiuria, alla quale l’art 801 c.c. fa riferimento come causa di revoca della donazione, è altresì identificabile in un “comportamento esteriorizzato che rende palese a terzi l’opinione irriguardosa maturata nei confronti del donante, oltre alla evidente disistima nutrita nei di lui confronti“.
L’intrattenimento della frequentazione con un altro uomo dunque, specialmente in pendenza di un grave incidente del marito, appare secondo la giurisprudenza richiamata circostanza idonea a ledere l’immagine sociale del marito, legittimando così la revocazione dei beni donati da quest’ultimo all’autrice dell’atto irriguardoso.
Dott. Simone Cima -Officina Lex – Studio legale Bartoletti Ascenzi
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